Guiglia
Il Parco Regionale dei Sassi di Rocca Malatina e la Pieve di San Giovanni Battista
Per gli amanti della natura è d'obbligo un'escursione al Parco regionale dei Sassi di Rocca Malatina. Dal borgo medievale di Guiglia si sale verso la località di Pieve di Trebbio, ingresso della splendida riserva naturale dove svettano imponenti i Sassi: guglie arenacee alte fino a 70 metri e oltre, risalenti a 40 milioni di anni fa, quando iniziarono ad affiorare i sedimenti del grande oceano della Tetide che ricopriva l'Appennino Tosco Emiliano.
Il parco, costituito nel 1988 per preservare un territorio naturale di 2300 ettari, si sviluppa in un dolce paesaggio collinare facile da esplorare grazie ai numerosi sentieri escursionistici che si inoltrano tra boschi e radure rigogliose di una tipica vegetazione medio montana. Un microclima diversificato consente lo sviluppo di un'incredibile biodiversità che va da specie vegetali tipiche del clima mediterraneo, come l'elicriso e l'erica arborea, ad altre più tipiche di un ambiente montano quali il mirtillo e il faggio. Nel silenzio della natura non è insolito incontrare qualche animale selvatico o avvistare le numerose specie ornitologiche, quasi duecento, che popolano il parco.
E' possibile accedere al sasso più alto grazie ad un sentiero appositamente attrezzato, la Salita al sasso della Croce, da cui si raggiunge una postazione panoramica di rara bellezza. La visuale abbraccia da Sud a Ovest l'arco delle cime più alte dell'Appennino, dal Corno alle Scale, al Cimone, al sistema di cime del Monte Cusna. Nelle giornate più limpide le Alpi e le prealpi si stagliano nitide all'orizzonte.
Ma il parco non è solo natura: i borghi e le torri che vi si trovano disseminati sono la testimonianza di una storia antica che ancora si preserva. Facevano parte di un vasto sistema difensivo a guardia del territorio che, in epoca medievale, verso la fine del '200, apparteneva alla famiglia dei Malatigni coinvolta a fasi alterne nelle sanguinose lotte di conquista tra Modena e Bologna. Solamente nel 1406 il feudo passò definitivamente agli Estensi che sancirono la fine della carriera feudale degli stessi Malatigni.
Non passa inosservata la piccola pieve di San Giovanni Battista, posta su un colle che dolcemente declina verso la riva orientale del fiume Panaro, immersa in un paesaggio di grande suggestione dominato dalle guglie dei Sassi. La prima attestazione dell’esistenza della pieve risale al 1163 e compare in un documento redatto nel castello, struttura di cui restano solo poche tracce su un’altura non lontana dalla chiesa. Benché citata come pieve a partire dalla seconda metà del XII sec., si ritiene sia stata costruita in epoca precedente. Fu all'inizio del XVI secolo, in seguito dell’assoggettamento alla chiesa collegiata di Carpi, che cominciò la sua decadenza.
L’aspetto attuale si deve ai restauri in stile intrapresi tra il 1897 e il 1913: vi fu una integrale e a volte arbitraria ricostruzione di alcune parti dell’edificio, che riprendono modelli di altre chiese medievali. Le modifiche furono numerose: alla facciata, alle absidi, alla muratura, (furono aperte finestre sui lati e sulla facciata e una piccola porta sul fianco meridionale con un archivolto trovato in una casa vicina e riutilizzato), e il battistero ottagonale fu costruito utilizzando le pietre della facciata demolita. Molti elementi decorativi furono in gran parte inventati dai restauratori sull’esempio di pezzi provenienti dal Museo Lapidario del Duomo di Modena.
Le parti originali sono la struttura architettonica a tre navate, la cripta, le colonne, i capitelli, la bifora e il portale in facciata. Altri restauri danneggiarono i capitelli delle navate che presentano un rilievo composto da motivi arcaici, intrecci geometrici con elementi vegetali di particolare finezza. Sul capitello della terza semicolonna a destra due cavalieri si affrontano e una mano benedicente scende dall’alto, in basso un drago alato si volge verso di loro; sul capitello della quarta semicolonna a sinistra, unico nel suo genere in area padana, vi sono raffigurati un insolito motivo a fettuccia e originali elementi a goccia. Gli studiosi ritengono che questa decorazione derivi da modelli presenti in chiese greche dell’XI secolo, dato che questi capitelli non trovano riscontro in nessun altro esempio medievale.
La decorazione scultorea interna originale consiste in pochi frammenti inseriti in lastre di cemento della recinzione presbiteriale, nell’ambone, e in una vasca battesimale, ora in copia, rinvenuta in frammenti e ricomposta, all’inizio del Novecento, per essere collocata all’interno del battistero ottagonale. Alcuni studiosi ipotizzano che i frammenti ricomposti nel presbiterio e nell’ambone, insieme ai resti della vasca battesimale, possano risalire al IX secolo, periodo al quale apparterrebbe la chiesa più antica, sulla quale sarebbe stata eretta l’attuale pieve presumibilmente nel 1108.
Secondo alcuni esperti i capitelli della cripta del Duomo di Modena, terminata nel 1106, sarebbero serviti agli artigiani di Trebbio come modello. Altre ipotesi azzardano, per quanto riguarda la struttura più antica, una datazione al VII secolo, mentre l’ampliamento sarebbe databile al 1058.
Note | Le immagini utilizzate nell'audioguida sono concesse dalla Pro Loco di Guiglia |
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