Raimondo Montecuccoli

Montefiorino
La Pieve di Rubbiano, Poggio Medola

Il nostro viaggio prosegue nella valle dei torrenti Dolo e Dragone, un territorio dalla natura incontaminata, ricco di una storia ultramillenaria che ha lasciato, a testimonianza di un ricco passato, innumerevoli reperti e monumenti.

Pieve di Rubbiano
Nella piccola frazione di Rubbiano, non lontano da Montefiorino, troviamo, immersa in un paesaggio di rara suggestione, la pieve di Santa Maria Assunta, quasi intatta nelle sue armoniose proporzioni romaniche. Si tratta forse di una delle più antiche chiese del territorio modenese, risalente al VII secolo e posta sulla Via Bibulca, una delle principali strade di collegamento con la Toscana di origine preromana.

La Pieve di Rubbiano ebbe per molti secoli una grande importanza, sia sul piano spirituale, essendo chiesa matrice e dispensatrice di battesimi, sia sul piano temporale, in quanto amministrava un vasto territorio e diverse chiese e oratori minori. Il potere temporale andò però affievolendosi con l'istituzione dell'abbazia di Frassinoro voluta da Beatrice di Lorena, madre di Matilde di Canossa. Diverse sono le teorie sulla datazione della costruzione attuale: alcuni studiosi vi riconoscono lo stile del periodo matildico, riconducibile ai canoni architettonici di Cluny, altri la riconducono agli anni intorno al 113o, periodo di massima importanza della scuola modenese di Lanfranco architetto dello splendido Duomo di Modena oggi Patrimonio dell'Umanità dell'Unesco.

Diamo ora uno sguardo all'architettura della pieve. Nella semplice facciata, ricostruita dopo che la chiesa fu accorciata di una o più arcate per ragioni di stabilità, si aprono un portale a strombo ed una piccola bifora su colonnine binate. Passando sotto al portalino ad arco che collega la chiesa alla canonica, recentemente restaurata, si accede ad una piazzetta posta a livello più basso dalla quale si può ammirare la perfetta muratura del fianco sinistro, composta di grandi conci finemente squadrati e disposti in file rigorosamente parallele.

Le splendide absidi, dal regolare paramento murario, risultano nettamente separate fra loro e disposte a scalare, cioè con la mediana più sporgente. Da notare le sculture, in parte rimaneggiate, dei capitelli, delle semicolonne, delle mensole che reggono gli archetti e delle lunette, raffiguranti motivi vegetali, zoomorfi e figure umane. A fianco della pieve si innalza l’imponente campanile, probabilmente eretto in epoca romanica e sopraelevato della cella campanaria in età barocca. All'interno, l'armoniosa struttura architettonica è impreziosita dai motivi ornamentali dei capitelli delle colonne, di cui due di foggia neocorinzia. Da notare la piccola scultura dei due leoni che si azzannano a vicenda nel capitello della semicolonna addossata al pilastro di destra.

Splendida l'acquasantiera decorata con quattro figure femminili finemente scolpite col corpo da sirene alate e le zampe da arpia. Appoggiata su un capitello dorico proveniente da una colonna posta esternamente, alcuni studiosi l'attribuiscono al Maestro delle Metope, l'artista che scolpì le metope del Duomo di Modena, altri alla scuola del Wiligelmo, attivi entrambi nell'XI eXII secolo.

Poggio Medola
Nella parte mediana della valle del Dragone sorgeva la corte di Medola, posta su uno scoglio di roccia serpentinosa sul quale svettava un'imponente rocca. Luogo fortificato, già citato nel 1071 tra i beni della Badia di Frassinoro, fu teatro di aspri combattimenti e ripetuti assedi da parte del comune di Modena. Consegnata ai modenesi nel 1278 venne presa con la forza da Guidinello da Montecuccoli alla cui casata appartenne fino al XVI secolo. Del complesso castellano oggi rimane solo l’antica cisterna per la raccolta dell'acqua piovana, recentemente recuperata, unitamente ad un’antica ghiacciaia ed alla corte del piccolo borgo abitato, posto ai piedi della Rupe.

Dal punto di vista naturalistico, Poggio Medola e la vicina Rupe del Calvario alta 788 metri, unitamente a Poggio Bianco Dragone e al Cinghio del Corvo, situati di fronte sull’altra sponda del torrente Dragone rappresentano , il più imponente complesso ofiolitico dell’Appennino modenese.